Due città, lo stesso eroe. Venerdì 29 settembre si svolgerà a Guardiagrele (Chieti), presso la sala consiliare comunale, alla presenza di entrambe le amministrazioni comunali, la cerimonia di gemellaggio tra l’associazione Marinai d’Italia di Pescara con quella di Jesolo. I due gruppi sono, infatti, gli unici d’Italia a condividere lo stesso eroe di guerra: Andrea Bafile.
La cerimonia si svolgerà nel contesto delle celebrazioni per il centenario della traslazione della salma di Bafile, che il 20 settembre 1923 venne trasferita dal cimitero di Ca’ Gamba al sacrario a lui dedicato, situato in località Bocca di Valle. Alle celebrazioni di Guardiagrele parteciperà anche una delegazione dell’amministrazione comunale composta dal sindaco Christofer De Zotti, l’assessore alla cultura Debora Gonella e il presidente del Consiglio comunale Lucas Pavanetto. Il gruppo jesolano dell’associazione Marinai d’Italia sarà invece rappresentato dal presidente Luciano Teso e da una cinquantina di iscritti delle diverse associazioni combattentistiche e d’arma. Ricordiamo che il 20 settembre scorso, sempre a Guardiagrele, si è tenuta la presentazione dell’emissione Filatelica da parte del Ministero Industria e Made in Italy per la ricorrenza.
Le celebrazioni proseguiranno sabato 30 con la deposizione della corona presso il sacrario Andrea Bafile e il raduno delle associazioni di Abruzzo e Molise alla presenza dei picchetti d’onore del Reggimento fanteria di marina San Marco di cui Bafile assunse il comando nel 1918.
Chi era Andrea Bafile
Andrea Bafile nacque il 7 ottobre 1878 a Monticchio di Bagno (L’Aquila). Partecipò alla prima guerra mondiale con il grado di tenente di vascello della Regia Marina. Morì in combattimento a Cortellazzo il 12 marzo del 1918, venendo insignito della medaglia d’oro al valor militare alla memoria con la seguente motivazione:«Comandante di un battaglione di marinai (Andrea Bafile), mentre preparavasi una operazione sull’estrema bassura del Piave, volle personalmente osare un’arrischiata ricognizione tra i canneti e i pantani della sponda sinistra perché, dallo strappato segreto delle difese nemiche, traesse maggiore sicurezza la sua gente. Tutto vide e frugò, e sventato l’allarme, già trovava riparo, quando notò la mancanza di uno dei suoi arditi. Rifece allora da solo la via perigliosa per ricercarlo e, scoperto poi dal nemico mentre ripassava il fiume, e fatto segno a vivo fuoco, veniva mortalmente ferito. Guadagnata la sponda destra in gravissime condizioni, conscio della fine imminente, con mirabile forza d’animo e completa lucidità di mente, riferiva anzitutto quanto aveva osservato nella sua ricognizione, e dirigendo ai suoi infiammate parole, atteggiato il volto a lieve sorriso che gli era abituale, si diceva lieto che il suo sacrificio non sarebbe stato vano. E passò sereno qual visse, fulgido esempio delle più elette virtù militari, coronando con gloriosa morte una vita intessuta di luminoso coraggio, di fredda, consapevole e fruttuosa audacia, del più puro eroismo».
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