Muore di cancro a 13 anni, genitori accusati di aver ostacolato le cure: indagati per omicidio

La Procura accusa di omicidio volontario i genitori dell'adolescente: ritardo nell'avvio della chemioterapia.

26 maggio 2025 21:10
Muore di cancro a 13 anni, genitori accusati di aver ostacolato le cure: indagati per omicidio -
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VICENZA – Un dramma che scuote nel profondo la città di Vicenza e che si è trasformato in un'inchiesta giudiziaria. Un ragazzo di appena 13 anni è morto a causa di un tumore, ma la tragedia si è aggravata quando la Procura ha deciso di indagare i suoi genitori per omicidio volontario con l'accusa di aver ostacolato le cure mediche che avrebbero potuto offrire una possibilità di sopravvivenza al figlio.

I fatti che hanno scatenato l'inchiesta

A segnalare il caso, quando il ragazzo era ancora in vita, sono stati i servizi sociali, che hanno rilevato gravi incongruenze tra il percorso terapeutico consigliato dai medici e le scelte effettuate dalla famiglia. La denuncia ha dato il via a un’indagine articolata, prima seguita dalla Procura minorile di Venezia e poi trasferita a Vicenza, dove si è arrivati alla formulazione di accuse pesanti contro i due genitori del 13enne deceduto.

Durante la fase istruttoria, un consulente tecnico incaricato dalla Procura ha rilevato che le cure oncologiche prescritte, in particolare la chemioterapia, non sarebbero state somministrate nei tempi previsti. Secondo il quadro emerso, ci sarebbe stato un ritardo non giustificato nell’avvio del trattamento, che avrebbe compromesso le chance di sopravvivenza del minore.

Omicidio volontario è l'accusa rivolta ai genitori

Il giovane è spirato all’ospedale San Bortolo di Vicenza all'inizio del 2024. Le sue condizioni, divenute critiche, non hanno lasciato scampo nonostante il ricovero e l’intervento dei medici. Subito dopo la morte, la Procura ha convocato i genitori per un interrogatorio, teso a ricostruire in maniera dettagliata quanto avvenuto nei mesi precedenti.

In base a elementi documentali e testimonianze, e al risultato della perizia clinica eseguita presso la struttura sanitaria, si è giunti a formalizzare l'accusa di omicidio volontario, un’ipotesi di reato estremamente grave, che implica non solo la consapevolezza del rischio, ma anche una volontà diretta o accettata di provocare la morte.

La difesa: "nessuna volontà dolosa"

Gli avvocati Lino e Jacopo Roetta, legali dei due indagati, definiscono l’imputazione come “una forzatura giudiziaria” e sottolineano che la coppia è già devastata dalla perdita irreparabile del figlio. “Questi genitori stanno scontando un ergastolo dell’anima”, affermano, cercando di spostare il focus dal piano legale a quello umano.

Secondo la difesa, il nodo dell’accusa riguarda il ritardo nell'avvio della chemioterapia, ma non ci sarebbe stata alcuna volontà dolosa o rifiuto assoluto delle cure. “Parliamo di un dramma familiare – sottolineano i legali – non di un delitto premeditato. Occorre attendere gli atti per capire con precisione i motivi della contestazione.”

Tra responsabilità legale e dolore umano

Il processo, se confermato, sarà l’occasione per chiarire se davvero i genitori hanno agito con consapevole negligenza o se si è trattato di una concatenazione di scelte sbagliate in buona fede. Un elemento cruciale sarà determinare il nesso causale tra il ritardo nelle cure e il decesso del ragazzo, un nodo che solo il tribunale potrà sciogliere.

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