Strage di Castel d'Azzano, Maria Luisa Ramponi dimessa dall'ospedale: sarà trasferita in carcere
Maria Luisa Ramponi esce dall'ospedale, sarà trasferita al carcere di Montorio: è accusata della strage di Castel d’Azzano in cui sono morti 3 Carabinieri.
VERONA – Dopo alcuni giorni trascorsi in ospedale per curare le ustioni riportate nell’esplosione del casolare di Castel d’Azzano, Maria Luisa Ramponi sarà trasferita nel carcere di Montorio, dove proseguirà le cure nell’infermeria interna. Considerata dagli inquirenti la figura centrale nella dinamica che, secondo le accuse, avrebbe portato alla morte di tre Carabinieri e al ferimento di ventisette persone, la donna verrà interrogata appena raggiungerà la sua cella.
Il trasferimento a Montorio e il ruolo della donna nell’inchiesta
Gli investigatori ritengono che sia stata la Ramponi ad azionare il meccanismo esplosivo all’interno del casolare il 14 ottobre, causando la deflagrazione che ha raso al suolo l’edificio. Nel penitenziario veronese ritroverà i fratelli Dino e Franco, già detenuti in celle separate e con il divieto assoluto di comunicare.
Le ferite riportate nell’esplosione richiedono ancora cure costanti: proprio per questo motivo la donna sarà inizialmente affidata all’infermeria del carcere, dove proseguirà le medicazioni.
Le strategie difensive dei fratelli Ramponi
I due fratelli, già ascoltati dai magistrati, hanno scelto di non rispondere alle domande, mentre i rispettivi legali stanno tentando di ridimensionare la loro posizione, sostenendo che entrambi non si trovavano in casa al momento della deflagrazione. L’obiettivo della difesa è allentare il quadro accusatorio e ridurre il grado di coinvolgimento nella vicenda.
Gli inquirenti, però, sottolineano che i rilievi tecnici e gli elementi raccolti nelle settimane precedenti alla strage mostrerebbero un quadro diverso. In particolare, circa venti giorni prima, i due avrebbero minacciato i carabinieri dicendo: «Ci faremo trovare pronti quando tornerete».
L’accusa: strage per la morte dei tre carabinieri
Il blitz del 14 ottobre era scattato dopo che la Procura aveva ricevuto segnalazioni e immagini raccolte da droni, che documentavano la presenza di materiale esplosivo nell’abitazione e persino sul tetto. La deflagrazione ha causato la morte dei carabinieri Marco Piffari, Valerio Daprà e Davide Bernardello, impegnati nell’operazione.
Oltre all’accusa di strage, i fratelli Ramponi devono rispondere anche di danneggiamenti nei confronti dei vicini di casa, che potrebbero avviare richieste di risarcimento. Il contesto familiare è segnato da una situazione di forte indigenza: i tre vivevano senza luce, gas e acqua, in condizioni di profondo degrado.
Un’indagine complessa e in continua evoluzione
Con il trasferimento di Maria Luisa Ramponi in carcere, l’inchiesta entra ora in una fase cruciale. Il suo interrogatorio potrebbe chiarire la dinamica dell’esplosione e il ruolo di ciascuno dei tre imputati, contribuendo a definire con maggiore precisione le responsabilità nella tragedia che ha scosso l’intera comunità veronese.