VENEZIA – PADOVA – La sentenza della Corte d’Assise di Venezia che ha confermato l’ergastolo per Filippo Turetta per l’omicidio di Giulia Cecchettin, avvenuto con 75 coltellate l’11 novembre 2023, continua a generare accese polemiche. La famiglia della vittima ha fortemente criticato le motivazioni della corte, che ha escluso l’aggravante di crudeltà.
Una sentenza che lascia perplessi
Le spiegazioni della condanna hanno diviso l’opinione pubblica, in particolare l’affermazione dei giudici che le coltellate non sarebbero state frutto di crudeltà intenzionale, ma di “inesperienza e inabilità” da parte dell’imputato. Questa tesi ha suscitato forte indignazione, considerando la brutalità del delitto.
Le parole di Elena Cecchettin
Elena Cecchettin, sorella della vittima, ha reagito con indignazione alla sentenza, esprimendo preoccupazione per il precedente che potrebbe creare. Ha sottolineato l’importanza di riconoscere la violenza di genere anche nelle fasi precedenti al femminicidio e ha ribadito la necessità di prevenire la violenza prima che si trasformi in tragedia.




L’inesperienza che non giustifica l’orrore
Elena ha criticato duramente l’interpretazione della corte, che ha definito l’omicidio come il risultato dell’«inesperienza» dell’imputato. Ha evidenziato come questa motivazione dimostri un distacco dalla realtà e ha sottolineato l’importanza di valorizzare la vita umana.
Il contesto legale dell’omicidio
Nonostante il riconoscimento dell’omicidio aggravato dalla premeditazione, i giudici hanno respinto le accuse di crudeltà e stalking, riducendo in parte la colpa di Turetta. La sentenza ha evidenziato che l’imputato agì per motivi di “intolleranza per la libertà di autodeterminazione” della sorella, con l’obiettivo di sopraffarla.
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