I fatti che hanno scatenato l’inchiesta
VICENZA – La città di Vicenza è stata scossa da un dramma che ha portato all’apertura di un’inchiesta giudiziaria. Un ragazzo di soli 13 anni è deceduto a causa di un tumore. Tuttavia, la situazione si è complicata quando la Procura ha deciso di avviare un’indagine contro i genitori dell’adolescente, accusandoli di omicidio volontario per aver impedito le cure mediche che avrebbero potuto salvare la vita al figlio.
Omicidio volontario è l’accusa rivolta ai genitori
Il giovane è deceduto all’ospedale San Bortolo di Vicenza all’inizio del 2024, nonostante il ricovero e l’intervento medico. Dopo la sua morte, la Procura ha convocato i genitori per interrogarli e capire meglio la situazione. Sulla base di prove documentali, testimonianze e di una perizia clinica, è stata formulata l’accusa di omicidio volontario, un reato grave che implica la consapevolezza del rischio e la volontà diretta o accettata di causare la morte del ragazzo.
La difesa: “nessuna volontà dolosa”
Gli avvocati dei genitori, Lino e Jacopo Roetta, ritengono che l’accusa sia una “forzatura giudiziaria” e sottolineano il profondo dolore della coppia per la perdita del figlio. Secondo loro, non c’è stata alcuna volontà dolosa nel ritardo della chemioterapia e si tratta di un dramma familiare, non di un omicidio premeditato. La difesa invita ad attendere gli atti processuali per capire meglio le motivazioni dell’accusa.
Tra responsabilità legale e dolore umano
Il processo, se confermato, servirà a chiarire se i genitori hanno agito con negligenza consapevole o se si è trattato di errori commessi in buona fede. Sarà fondamentale stabilire il collegamento tra il ritardo nelle cure e la morte del ragazzo, una questione che solo il tribunale potrà risolvere.
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