A distanza di meno di un anno dall’omicidio di Giulia Cecchettin, oggi, lunedì 23 settembre, prende avvio il processo a Filippo Turetta, il quale ha confessato il crimine ma non sarà presente in aula. Questa scelta riflette la strategia difensiva del suo legale, Giovanni Caruso, che desidera evitare che la vicenda diventi oggetto di spettacolarizzazione.
La strategia della difesa
Caruso ha dichiarato che alla base della difesa ci sono due elementi chiave: da un lato, il riconoscimento di un “percorso di maturazione personale” da parte di Turetta rispetto al gravissimo delitto commesso; dall’altro, l’obiettivo di garantire che la giustizia possa operare in tempi rapidi e nell’interesse di tutti. Gli avvocati Caruso e Monica Cornaviera hanno scelto di non richiedere una perizia psichiatrica, a meno che non emergano nuovi elementi durante il processo, evitando così dibattiti sulla capacità di intendere e di volere dell’imputato.
I reati contestati
Filippo Turetta è accusato di omicidio volontario, aggravato da premeditazione, crudeltà, efferatezza e stalking, oltre a rispondere del reato di occultamento di cadavere. Se riconosciuto colpevole, rischia una pena che potrebbe arrivare all’ergastolo. Per questo processo, è previsto l’interrogatorio di un solo teste, il medico legale Monica Cucci. Al contrario, il pubblico ministero Andrea Petroni ha chiamato a deporre circa una trentina di testimoni, tra cui diversi carabinieri che hanno condotto le indagini, il padre di Giulia, Gino, la sorella Elena e le amiche della vittima.
Dettagli dell’udienza
L’udienza si svolgerà a numero chiuso, come stabilito dal presidente della Corte d’assise di Venezia, Stefano Manduzio. Di fatto, metà dei posti disponibili (20) sarà riservata ai cittadini, mentre l’altra metà andrà ai giornalisti. Inoltre, ci saranno altri 18 posti a sedere destinati alle parti processuali, per garantire un’adeguata rappresentanza di tutte le voci coinvolte.
Questa vicenda continua a suscitare grande interesse e coinvolgimento nella comunità locale, non solo per la gravità del reato, ma anche per le implicazioni emotive e sociali che ne derivano.
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