Essere veneta è uno stato mentale: ce lo insegna Eva Crosetta, che la nostra
redazione ha avuto il piacere e l’onore di incontrare per una fantastica chiacchierata.
Ciao, Eva, innanzitutto grazie per aver trovato modo di
concederci questa intervista. Iniziamo a chiederti dov’è il
luogo a cui sono legate le tue origini?
La professione che adoro, quella di conduttrice, mi ha portato a viaggiare tantissimo
per il mondo e a fermarmi in una città che mi ha conquistato al primo sguardo: la
Città Eterna, Roma, quel luogo meraviglioso il cui nome, letto al contrario, richiama
il sentimento più bello in assoluto.
Se, però, devo pensare al luogo a cui sono legate le mie origini, non ci sono dubbi: la
mente e il cuore ripercorrono le campagne venete, dove spiccano miracoli
architettonici come le ville palladiane, senza dimenticare città a misura d’uomo,
dove la bellezza e l’ordine dominano.
Verdi colline rese speciali da aree dedicate alla viticoltura, montagne e lagune
Patrimonio Mondiale UNESCO: tutto questo e molto altro è il mio meraviglioso
Veneto.
Cosa apprezzi dei tuoi conterranei?
I veneti sono uomini e donne che conoscono bene il loro passato, a tratti sofferto, e
sono sempre stati consapevoli del fatto che un domani migliore sarebbe dipeso solo
da loro.
Per questo, hanno messo in gioco intraprendenza e coraggio, intrisi di senso del
dovere, e sono stati capaci di creare, con fatica, stenti e privazioni, imprese e
lavoro.
Cosa pensi ti abbia dato il fatto di essere veneta?
Il territorio dove vieni al mondo e cresci racconta tanto di te, su questo non ci sono
dubbi. Il fatto di essere cresciuta in Veneto mi ha reso in parte quella che sono: una
donna caparbia e concreta.
Gli incontri che ho avuto nel corso della mia vita professionale e personale, hanno
fatto il resto.
Hai più volte citato l’importanza di cadere e rialzarsi. Si tratta
di un tema che ti è particolarmente caro?
A questa domanda, non posso che rispondere in maniera affermativa. La preziosa
skill che ci permette di cadere e di rialzarci più forti quando la vita ci butta giù è un
argomento che trattiamo spesso nel corso di Sulla Via di Damasco, un programma
in onda la domenica mattina su Rai 3 che ho la felicità e l’onore di condurre da 5
anni.
Chi sono gli ospiti che accogliete in studio?
Le persone che intervistiamo si interrogano sul senso della vita, si mettono a nudo,
si pongono la fatidica domanda sul proprio posto nel mondo, un interrogativo che,
almeno una volta, ha fatto parte dei pensieri di tutti.
Sono ospiti di ogni tipo: dal top manager al senza tetto, tutti si aprono, raccontando
la fragilità e la meraviglia dell’esistenza.
Quali sono i sentimenti che, in generale, dominano i contenuti
delle interviste?
Sono indubbiamente tanti, ma a prevalere sono soprattutto paura e voglia di
riscatto. Un’altra cosa che riscontro in tutti è il desiderio di amare e di essere amati.
Dopotutto, come dice Papa Francesco, non ci si salva da soli.
Che temi specifici trattate?
Diversi, cercando di mantenere il focus sull’attualità stretta. Nel corso di una delle
ultime puntate, insieme con l’economista Professor Luigino Bruni, ordinario di
Economia Politica alla LUMSA nonché editorialista del quotidiano Avvenire, abbiamo
parlato di come fare impresa oggi, prendendo come esempio alcune delle realtà
virtuose del nostro Paese, sottolineando l’importanza di educare – le nuove
generazioni e non solo – a un nuovo umanesimo del lavoro.
L’obiettivo è quello di arrivare a una società in cui l’economia serva l’uomo e non si
serva dell’uomo.
Non dimentichiamo mai, infatti, che le imprese sono costituite da persone e sono
loro a fare la differenza.
Cosa ti manca di più del Veneto quando sei a Roma?
Per quanto mi riguarda, continuerò sempre ad avvertire una stretta al cuore ogni
volta che, dal treno, vedrò il campanile di Santa Maria della Pieve di Castelfranco
Veneto farsi piccolo piccolo.
Sarò sempre riconoscente e grata alla mia terra, perché da lì è partito il mio viaggio.
A presto Veneto!
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